Cos'è e come funziona la Fondazione ITS TAM, nata per formare tecnici specializzati nel settore del tessile e della moda. Esperienze dirette e placement in azienda
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La Fondazione ITS TAM, che ha compiuto 10 anni nel 2021, è, secondo il monitoraggio INDIRE 2021, all’ottavo posto su 201 ITS italiani (e primo fra i 12 ITS del suo settore) con il corso di Tecnico superiore di processo e prodotto di filati, tessuti e maglieria, per il settore tessile, abbigliamento, moda.
Una scuola prestigiosa, i cui allievi vengono spesso coinvolti anche in fiere di settore: Premiere Vision, ma anche Pitti Filati o White, dove il TAM si presenta con i lavori dei ragazzi.
“Un tasso di occupazione del 95%, 170 studenti iscritti e un tasso di dispersione bassissimo: il 2% in 10 anni. Sono 171 le aziende del settore che collaborano con la scuola non solo ospitando i ragazzi durante il biennio, ma attivando progetti extracurricolari e attingendo agli elenchi dei diplomati per offrire contratti stabili e opportunità di crescita personale” spiega la Direttrice Silvia Moglia. Dopo lo stage, infatti, “la maggior parte delle aziende mette a disposizione contratti di apprendistato di alta formazione, che preludono, nella maggior parte dei casi, a un’assunzione a tempo indeterminato”.
Ma com’è nata la rete TAM, e come è arrivata fino ad oggi?
“TAM è in costante crescita, un trend positivo che nasce sia dal numero degli studenti che dalle aziende che via via hanno iniziato a collaborare con noi” racconta Pier Francesco Corcione, Presidente della Fondazione TAM Biella. “Dieci anni fa non è stato facile far capire alle famiglie – e di conseguenza ai ragazzi – come la specializzazione, soprattutto nel settore tessile dove noi operiamo, sia importante e offra occasioni di approfondimento a 360°”. Ma qualcosa nel tempo è cambiato: “Oggi la filiera abbraccia campi diversi, ambiti da scoprire, inaspettati. L’industria 4.0 è in continua evoluzione e sono le stesse aziende a rivolgersi a noi, e non solo in sede locale, per poter inserire in organico figure preparate e soprattutto appassionate. Questo è quello che cerchiamo di trasmettere ai ragazzi anche grazie agli stessi docenti che in buona parte provengono proprio dai reparti produttivi e dal mondo della moda”.
I corsi attualmente attivati sono quattro. Sono percorsi didattici che si distribuiscono lungo tutta la filiera tessile - Processo, Prodotto, Maglieria e Confezione - e che vengono integrati da stage aziendali nell’arco del biennio. Nello specifico:
Come accade per tutti gli ITS, anche il TAM dà grandissimo rilievo al momento del placement degli studenti nelle aziende partner. Ma come funziona nella pratica?
Il percorso di placement parte fin dal principio: lo staff dell’ITS è pronto per supportare i ragazzi verso le scelte migliori per la loro carriera e indirizzarli verso la strada che meglio permette di seguire le loro aspirazioni. Una cosa sola non deve mai mancare, anzi, tre: la motivazione, l’interesse e la passione per tutta la filiera del tessile e della moda.
Il tutoring inizia quindi dalla scelta. Già prima di accedere all’ITS, i ragazzi interessati possono contattare la responsabile dell’orientamento per organizzare incontri (anche online) e visite personalizzate della scuola e dei laboratori, con la possibilità di eseguire simulazioni del test d’ingresso e del colloquio motivazionale.
Durante il percorso, poi, l’affiancamento continua. Al termine di ogni modulo teorico è previsto infatti un momento pratico: uno stage in aziende selezionate della filiera della durata minima di una settimana fino allo stage finale di circa 2 mesi. I ragazzi sono seguiti sia da tutor aziendali che scolastici, che li supportano nel corso dell’intera esperienza.
Marta Pagani è un’allieva della prima ora del TAM: si è iscritta dieci anni fa dopo un diploma di liceo scientifico tecnologico e un anno di esperienza lavorativa lontana dal settore tessile.
“Avendo degli amici di famiglia che volevano iniziare questo percorso, l’ho iniziato anche io quasi come sfida: non sapevo cosa stessi andando a fare. Sembrava dovesse essere un corso simile all’università, ma in realtà siamo stati tutti assorbiti otto ore al giorno con attività che spaziavano dallo studio del telaio tessile a quello della creazione di una giacca o un cartamodello”, racconta.
Un’indagine sulla filiera completa, che è servita soprattutto per fare tesoro al meglio dell’esperienza in azienda, quella che Pagani definisce senza mezzi termini come “la parte più interessante del percorso”. Non è difficile capire il perché: “facevamo piccoli stage circa ogni mese in base all’argomento trattato nei moduli teorici. Abbiamo toccato tutte le fasi: quella iniziale in cui viene lavato il materiale, fino al finissaggio, che nel mio caso è stato nell’azienda Cerruti. L’aspetto più bello è il poter imparare la teoria e poi metterla in pratica: serve a capire se si è più portati per un argomento rispetto a un altro”.
Per iscriversi al TAM non è necessario avere competenze specifiche nel settore tessile: la maggior parte delle cose si impara direttamente durante le lezioni, i laboratori o i tirocini. Non solo: per qualcuno l’ITS è anche un modo per riqualificarsi dopo aver perso il lavoro e ricominciare con una nuova strada e una diversa professionalità. Sono tanti, gli adulti che frequentano gli ITS.
Ma come si sceglie l’azienda nella quale si andrà? “C’è una collaborazione fra aziende, studenti e tutor” spiega Marta. “Eravamo lì per imparare un mestiere, quindi volevamo imparare e capire quale aspetto ci interessasse di più. Ho riscontrato che le persone che ci seguivano erano sempre positive, anche perché noi stessi non eravamo passivi, ma attivi, e potevamo aiutarli già nelle attività. Per questo venivamo trattati proprio come fossimo dei dipendenti”.
La carriera di Marta è iniziata subito dopo il diploma: “Ho lavorato per 5 anni in Ragno, Manifattura di Valduggia. Ho iniziato un percorso di controllo qualità: ho imparato a controllare i capi finiti e quasi da subito mi hanno proposto di viaggiare, prima con una collega e poi da sola. Viaggiavo nei paesi dove avveniva la produzione dei capi: Tunisia, Albania, Bulgaria, Bangladesh. Lì controllavo le macchine da cucire e il prodotto finito” racconta. Una vita con la valigia sempre in mano, o quasi: “In questi paesi restavo tra i 7 e i 10 giorni, ma era un impegno che mi assorbiva anche 6-7 mesi all’anno. A volte viaggiavo, tornavo a casa, disfacevo la valigia e la rifacevo, per partire di nuovo”.
Grazie a LinkedIn è stata poi notata da TwinSet, l’azienda in cui lavora oggi, sempre come tecnico del controllo qualità. Non viaggia più come prima – anche se il lavoro l’ha portata anche in Cina – ma si è trasferita in provincia di Modena e si occupa di underwear e beachwear.
Della sua esperienza all’ITS TAM parla con entusiasmo, al punto da consigliarla senza se e senza ma: “quando si esce dalle superiori è sempre difficile centrare la propria strada. Il TAM però è un percorso che può aiutare un ragazzo a orientarsi: rispetto ad altre strade come l’università, permette di fare teoria e applicarla subito nella pratica, aiutandoti ad entrare meglio nel mondo del lavoro e ad avere un approccio più diretto con questo mondo, senza dover aspettare anni per capire se hai fatto la scelta giusta”.
Chiaramente, continua Marta, “deve esserci la passione per la moda e il tessile. Quando si parla di tessile si pensa a qualcosa di vecchio, che non funziona più. Ma non è così: il tessile non è solo tessuto o materia prima, ma scarpe, accessori… lavorare nel tessile non vuol dire fermarsi nel territorio biellese e soprattutto non su una sola tipologia di prodotto”. L’ultimo consiglio? “Non aver paura dell’ITS. Spesso si crede che fare un corso che non sia universitario non porti a fare carriera, ma non è così. Anzi”.
Come accade per tutti gli ITS, anche il TAM ha un legame strettissimo con le aziende del territorio. Tutto nasce dal fatto che il biellese è un polo di eccellenza per il tessile: Biella è nota in tutto il mondo per essere uno dei centri di produzione più importanti della lana e dei filati.
Tra le aziende del territorio c’è il lanificio F.lli Piacenza di Pollone (BI), che di filati si occupa fin dal 1733, e di cui Ettore Piacenza è il titolare. In azienda i ragazzi si presentano nel corso dell’anno per fare stage curricolari e mettere in pratica quello che imparano nel corso delle lezioni. Una formazione sul campo importante, di cui i Piacenza sono particolarmente orgogliosi: “Abbiamo inserito due persone in azienda con contratti a tempo indeterminato. Per noi è stata una bella soddisfazione, perché vuol dire che abbiamo speso bene in formazione e che questa ha pagato a lungo termine” spiega Piacenza. “Per noi, portare dei ragazzi prima alla conferma a tempo determinato e poi a tempo indeterminato significa aver investito sui ragazzi giusti e fatto la giusta formazione”.
Le figure più ricercate in azienda sono profili tecnici molto specifici: “Soprattutto disegnatori tessili, perché la scuola che c’era qui una volta ha chiuso da tempo la sezione tessile, e da quel momento è stato difficile reperire questo tipo di figura. Ma vale anche per chimici e tintori”, spiega ancora Piacenza.
I ragazzi vengono identificati su segnalazione del TAM e in seguito sottoposti a colloquio: “Valutiamo soprattutto le soft skills degli studenti: la voglia di mettersi in gioco, la curiosità, la motivazione che hanno ad imparare, la passione per il tessile. Quello del tessile è un mestiere difficile e affascinante, e ci vuole moltissima passione per farlo”. Soprattutto perché lavorare nel tessile non significa necessariamente occuparsi di moda, ma di diversi momenti della filiera: “Abbiamo avuto dei ragazzi che si sono accorti che il mestiere non li appassionava: qualcuno pensa che lavorare in questo settore abbia a che fare con la moda, ma non sempre è così. Anche se è parte della filiera, non esiste solo lo stare in un ufficio stile o disegnare. Il lavoro nel tessile è molto diverso”.
L’ITS TAM di Biella è parte di una rete nazionale, la Rete TAM, nata nel 2019 per raggruppare gli istituti di tutti gli ordini – scuole superiori e ITS – che specializzano nella filiera tessile e moda. La Rete non comprende solamente istituti post-diploma, ma anche scuole superiori.
Per questa ragione le aziende, oltre che da Università e ITS, attingono anche dagli ITIS per cercare tecnici in gamba che vogliano lavorare con loro al termine del percorso. Lo fa la Fratelli Piacenza, che individua immediatamente, già dai percorsi di alternanza scuola-lavoro, se un ragazzo ha la giusta attitudine. Ma lo fa anche il setificio Ratti di Como, che partecipa ad eventi di Scuole aperte sul territorio per presentare la loro attività e identificare ragazzi interessati a un’esperienza in azienda.
“Noi aziende manifatturiere siamo affamate di tecnici” spiega Angela Caccia, Responsabile del personale della Ratti. “Collaboriamo con tutta la rete TAM, sia lanciando brief e facendo progetti con le scuole, sia formando i docenti” continua. “Facciamo diversi progetti di alternanza, che ci permettono di avere una conoscenza approfondita dei ragazzi che in genere trascorrono due-tre settimane con noi. Spesso infatti decidiamo di riprenderli più avanti, lungo il percorso: questa opportunità è importante sia per gli studenti, che capiscono con la pratica quale sarà il loro futuro, sia per noi, che abbiamo un bacino a cui attingere e che ci permette di andare oltre il CV e conoscere dal vivo la persona”.
La Ratti ha uno stretto rapporto di collaborazione con gli ITS, che si declina sia nel finanziamento di borse di studio, sia nell’avviamento di stage che presto diventano veri e propri contratti: “Siamo circa 500 dipendenti in provincia di Como, 750 nel gruppo. Guardando gli ultimi due anni, che pure non sono stati molto felici, su 16 ragazzi inseriti in azienda, una decina arrivano da ITS e tecnici, gli altri da percorsi universitari”. Dopo lo stage, l’azienda avvia un contratto di apprendistato professionalizzante che dura massimo 36 mesi. “Ma avendo già conosciuto i ragazzi durante lo stage, facciamo durare questo tipo di contratti massimo due anni e mezzo, poi tendiamo a stabilizzarli”.
Come spesso accade nel mondo ITS, ad essere valutate qui – oltre alle competenze tecniche, che si apprendono in aula e sul campo – sono le soft skills: “Sappiamo che c’è un gap tra scuola e lavoro, e quindi più che capire cosa un ragazzo sappia fare, cerchiamo giovani che abbiano curiosità, voglia di fare, apertura alla novità, flessibilità: oggi si può entrare in stamperia tradizionale, ma poi passare al digitale. Si deve essere disposti a fare un percorso trasversale”. Tanto conta poi l’attitudine. Caccia fa un esempio pratico: “Ieri ho fatto un colloquio a un ragazzo, un informatico. Quando al termine gli ho chiesto se avesse domande o curiosità, mi ha detto che aveva notato all’esterno le ricariche elettriche per le auto, e quindi mi chiedeva se fossimo attenti alla sostenibilità. È una cosa che mi ha colpito, perché è segno che non si trattava solo di un giovane alla ricerca di un posto di lavoro, ma anche di una persona capace di guardarsi intorno, attenta a dove stava andando”.
Ci sono differenze fra i ragazzi che escono dai tecnici, gli universitari e quelli che hanno frequentato un ITS? Certamente: “Quando escono dagli istituti tecnici sono molto giovani, ancora un po’ immaturi, non sanno bene cosa vogliono fare da grandi. L’universitario è più maturo, anche per una questione anagrafica. Ha una preparazione più approfondita, ma c’è anche chi studia e lavora allo stesso tempo. Chi esce dall’ITS invece è affamato di esperienza: sono persone uscite già da un istituto tecnico e hanno capito cosa vogliono fare: apprendere e acquisire competenze”.
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